algoritmo – Swissact, il portale del Ticino. News e ultime notizie dal Ticino, Svizzera e estero. https://www.swissact.com News e ultime notizie in tutti i settori: politica, cronaca, economia, sport, svizzera, esteri Sat, 06 Feb 2021 04:45:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.7.11 Cambridge Analityca, Steve Bannon e la “triade oscura” https://www.swissact.com/cambridge-analityca-steve-bannon-e-la-triade-oscura/ Thu, 04 Feb 2021 19:46:36 +0000 https://www.swissact.com/?p=2662 Steve Bannon, già numero uno del magazine online ultraconservatore Breitbart News, entrò a far parte del board della società Cambridge Analytica di cui è stato vicepresidente dal giugno 2014 all’agosto 2016, quando divenne uno dei responsabili della campagna elettorale di Trump.
Dopo le elezioni, venne nominato “capo stratega” e “consigliere senior del presidente” e ha lasciato questo incarico otto mesi dopo riunendosi di nuovo a Breitbart.

Nel gennaio 2018, Bannon venne sconfessato da Trump e costretto a lasciare Breitbart dopo la divulgazione, nel libro “Fuoco e furia: dentro la casa bianca di Trump“, di un commento in cui definiva la figlia e assistente del presidente, Ivanka, “stupida come un mattone“.

Fu lui che, nel 2014, aiutò a lanciare Cambridge Analityca grazie ai finanziamenti dei suoi ricchi sostenitori, a partire dalla famiglia miliardaria dei Mercer.

L’obbiettivo di Bannon era cambiare la politica modificando la cultura; algoritmi, dati raccolti da Facebook e narrazioni mirate erano le sue strategie, ma come funzionava in concreto il sistema? Cito un pezzo del libro di Wylie che fu il “gola profonda” che permise di smascherare il sistema:
Per prima cosa usammo i gruppi di discussione e l’osservazione qualitativa per sviscerare le percezioni di una data fetta della popolazione ed evidenziare i temi che essa riteneva più importanti… Poi formulammo alcune teorie su come influenzarne le opinioni. Cambridge Analytica testò quelle ipotesi in panel online o test su segmenti di riferimento della popolazione, così da verificare se i soggetti si comportavano come il team aveva pronosticato in base ai dati.
Inoltre volevamo sfruttare le informazioni raccolte dai profili Facebook per individuare schemi ricorrenti e realizzare una rete neuronale artificiale che ci aiutasse a fare previsioni.”

In seguito Wylie entra più nel dettaglio ed aggiunge: “Nell’analisi della personalità una ristretta minoranza di persone mostra tratti di narcisismo (egocentrismo estremo), machiavellismo (spietata tensione a perseguire l’interesse personale) e psicopatia (distacco emotivo)…” queste tre caratteristiche vengono da lui definite come “triade oscura” e continua dicendo che chi le manifesta: “é in generale più incline a comportamenti antisociali, compresi gli atti criminali...”
Grazie ai dati raccolti, il team di Cambridge Analityca, riuscì ad individuarli e a prenderli di mira con narrazioni mirate diffuse tramite Facebook, inserzioni e articoli che, citando Wylie, “sulla base di test interni, potevano infiammare quei ristretti segmenti di popolazione. L’obbiettivo era provocare la gente, indurla a schierarsi.
L’algoritmo costruito da Facebook permetteva, tramite i like messi a gruppi estremisti di destra, per esempio, di selezionare i profili utente più facili da provocare con messaggi molto personalizzati e mirati.

In pratica l’algoritmo presentava pagine e contenuti simili che spingessero la partecipazione dell’utente. Per Facebook e tutti i social network che conta è massimizzare la partecipazione e tenere gli utenti inchiodati allo schermo perché ciò significa subire più inserzioni pubblicitarie quindi maggior denaro nelle casse dei social.

Per influenzare i potenziali elettori, la società come svelò Wylie: “cominciò creando pagine di destra con nomi vaghi tipo Smith County Patriots o I Love My Country. Grazie al funzionamento dell’algoritmo di raccomandazione di Facebook, queste pagine apparivano nei feed di persone che avevano già messo i like ad argomenti simili...”

A questo punto possiamo chiederci ma cosa si può usare di Facebook? La risposta è: tutto (rif.), perché il consenso ad usare i nostri dati lo abbiamo dato iscrivendoci.
S.S.

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Il nostro consenso è manipolato? https://www.swissact.com/il-nostro-consenso-e-manipolato/ Sun, 24 Jan 2021 16:31:12 +0000 https://www.swissact.com/?p=2494 Molti di noi si saranno spesso chiesti cosa spinga le persone a condividere i loro dati personali sui social network, ma una risposta precisa non credo sia facile darla. È vero che inizialmente si usavano per ritrovare i compagni di scuola e vedere che piega aveva preso la loro vita ma dopo un po’ ci si ritrovava a fare discussioni con persone che non si sono mai viste o con amici di amici con i quali, forse c’era qualche affinità.
Attualmente i social sono diventati come piazze di paese o bar  dove si fanno pettegolezzi e commenti e, dal momento che i creatori delle piattaforme informatiche hanno capito il business, sono diventate anche un centro di propaganda pubblicitaria e persino di politica e quest’ultima, il più delle volte, a nostra insaputa.

Vi ricordate l’affare Cambridge Analitica di qualche tempo fa, dove venne alla luce la manipolazione di alcune scelte politiche, fatta tramite proposte mirate estrapolate dal nostro uso dei social? Di seguito cito un pezzo del libro scritto da Christopher Wylie(1), uno dei membri della società di analisi dei dati che ho citato prima:

“…Anche se molti utenti tendono a distinguere ciò che succede online da ciò che capita nella vita reale, le informazioni ricavate dal loro uso dei social – il commento al finale di stagione di una serie tv, il like a una foto del sabato sera precedente, ecc… – nascono fuori dalla rete. Quelli raccolti da Facebook, per citare il social network più famoso, sono dati sulla vita di tutti i giorni.

E non fanno che aumentare perché l’esistenza delle persone passa sempre più attraverso Internet. Questo significa che spesso, un analista non ha nemmeno bisogno di fare domande basta creare un algoritmo capace di riconoscere schemi precisi nei dati caricati dall’utente. A quel punto il sistema riesce a individuare da sé pattern che altrimenti lo studioso non avrebbe mai notato. Gli utenti di Facebook si sono radunati e organizzati da sé in un unico luogo, in un solo modulo dati.

Non dobbiamo più collegare milioni di dataset; non servono complicati calcoli matematici per ricavare le informazioni mancanti: sono già al loro posto perché tutti caricano la propria autobiografia in tempo reale, proprio lì, sul sito.

Se qualcuno avesse cercato di creare da zero un sistema per osservare e studiare le persone, non avrebbe potuto fare meglio.
Anzi, uno studio dei 2015 di Kosinski, Stillwell e Wu Youyou(2) dimostrò che usando i like di Facebook, un modello informatico riusciva a prevedere il comportamento umano senza temere rivali. Con dieci like, il sistema anticipava il comportamento di un soggetto con più precisione dei suoi colleghi. Con centocinquanta like faceva meglio di un famigliare.

Con trecento like a disposizione, il modello mostrava di conoscere quella persona persino meglio del suo coniuge. In parte, ciò è possibile perché amici, colleghi compagni e genitori hanno in genere una visione limitata della nostra vita, e si rapportano con noi in situazioni in cui il nostro comportamento è influenzato da quella stessa relazione. È improbabile che i vostri genitori vi abbiano mai visti mentre vi scatenavate alle tre del mattino durante un rave, dopo un paio di pasticche di MDMA; e magari i vostri amici non sanno quanto siete riservati e deferenti in ufficio, con il vostro capo.”

Non è difficile capire che, se si è in grado di arrivare a questi punti, diviene facile pensare che tutto quello che ci viene proposto non sia magari stato accuratamente soppesato prima e che si sia verificato magari in una simulazione virtuale prima di arrivare a noi.

Avendo gli algoritmi appropriati. si potrebbe valutare prima l’impatto di una proposta di legge, simulandola con vari scenari e poi portarla in votazione avendo praticamente la matematica certezza che verrà approvata dalla maggioranza e, peggio ancora, si potrebbero prevedere quali eventi o restrizioni sarebbero più adatti ad una determinata parte di popolazione per far si che accettino determinati sacrifici che, diversamente, non approverebbero mai.
S.S.

(1)Christopher Wylie “Il mercato del consenso” Longanesi 2020
(2)Computer-based personality judgments are more accurate than those made by humans

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La carta dei principi ambientali https://www.swissact.com/la-carta-dei-principi-ambientali/ Fri, 15 Jan 2021 12:10:42 +0000 https://www.swissact.com/?p=1539 Gia’ nel lontano 1997 si parlava intensamente di ambiente, le idee erano buona, ma quante di queste sono state effettivamente messe in pratica, a voi l’ardua sentenza.

Per l’educazione ambientale orientata allo sviluppo sostenibile e consapevole . FIUGGI 24 Aprile 1997 Premessa I Ministeri italiani della Pubblica Istruzione e dell’Ambiente hanno promosso dal 1987 intese, protocolli, circolari, accordi per il coordinamento delle iniziative nel campo dell’educazione ambientale. Dall’ottobre 1996 èattivo il comitato interministeriale di indirizzo e coordinamento.

Il Comitato si è insediato il 31 ottobre, decidendo tra l’altro di dedicare le iniziative del 1997 alla memoria di Antonio Cederna, ed ha promosso il Seminario di aggiornamento “A scuola d’ambiente” svoltosi a Fiuggi dal 21 al 24 aprile 1997, primo atto di un’azione programmatica di coordinamento e di indirizzo finalizzata a dare vita ad un efficace ed organico Sistema Nazionale per l’educazione ambientale. Dopo le conclusioni dei lavori del Seminario, il Comitato propone una Carta dei principi rivolta agli operatori, all’opinione pubblica, ai cittadini italiani sulla quale apre una vasta consultazione in vista della convocazione della prima settimana nazionale dell’educazione ambientale. ARTICOLI :

1. L’umanità è posta di fronte ad una grande sfida educativa: rendere praticabile lo sviluppo sostenibile, garantendo il soddisfacimento dei bisogni attuali senza compromettere le possibilità delle generazioni future. L’educazione può rendere le persone più sensibili rispetto alle questioni etiche e ambientali, ai valori e alle attitudini, alle abilità e ai comportamentinella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

2. La Carta dei principi dell’educazione ambientale in Italia si rivolge ai cittadini di ogni età come alla Pubblica Amministrazione, alle imprese come ai lavoratori, alle scuole come alle agenzie educative del territorio. La Carta orienta la ricerca, la riflessione, il confronto, la diffusione, la qualificazione, la socializzazione delle scelte pubbliche volte allo sviluppo sostenibile e si integra con il processo di rinnovamento delle strutture educative del sistema formativo.

3. La Carta si rivolge alle bambine ed ai bambini, i soggetti in età evolutiva, che sono cittadini di oggi e di domani. Le bambine e i bambini hanno il diritto di formarsi una propria opinione, di esprimerla liberamente, di essere coinvolti nelle decisioni che riguardano le risorse e lo sviluppo. Le istituzioni pubbliche devono garantire tale diritto contribuendo a prepararli ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di equità, di opportunità, fra i sessi e fra tutti i popoli, i gruppi etnici, nazionali e religiosi.

4. L’educazione allo sviluppo sostenibile deve divenire un elemento strategico per la promozione di comportamenti critici e propositivi dei cittadini verso il proprio contesto ambientale. L’educazione ambientale forma alla cittadinanza attiva e consente di comprendere la complessità delle relazioni tra natura e attività umane, tra risorse ereditate, da risparmiare e da trasmettere, e dinamiche della produzione, del consumo e della solidarietà. L’educazione ambientale è globale e comprende l’istruzione formale, la sensibilizzazione e la formazione. L’educazione ambientale si protrae per tutta la durata dell’esistenza, prepara l’individuo alla vita e coinvolge, direttamente e continuamente, tutte le generazioni sulla base del principio che ognuna ha qualcosa da imparare dalle altre.

5. L’educazione ambientale deve divenire componente organica di tutte le politiche pubbliche, quelle formative ed ambientali innanzitutto. La tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e umane implicano norme e scelte semplici che definiscono una nuova cittadinanza e convivenza delle specie viventi. L’educazione ambientale deve orientare l’intervento delle istituzioni e il ruolo delle comunicazioni di massa.

6. L’educazione ambientale interloquisce con il funzionamento e l’evoluzione degli ecosistemi naturali, con le modificazioni indotte dalle attività umane con i contributi della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. In ambito scolastico l’educazione ambientale non è circoscrivibile entro i confini di una nuova materia,né si può identificare con qualche contenuto preferenziale; l’educazione ambientale è interdisciplinare e trasversale, lavora sui tempi lunghi.

7. L’educazione ambientale contribuisce a ricostruire il senso di identità e le radici di appartenenza,dei singoli e dei gruppi, a sviluppare il senso civico e di responsabilità verso la res pubblica, a diffondere la cultura della partecipazione e della cura per la qualità del proprio ambiente, creando anche un rapporto affettivo tra le persone, la comunità ed il territorio.

8. Le attività ed iniziative di educazione ambientale, pur nella varietà di forme e stili organizzativi, pur senza pretese di esaustività: coinvolgono conoscenze, valori, comportamenti, esperienze dirette per il rispetto e l’interazione tra la pluralità delle forme di vita presenti nell’ambiente; hanno la possibilità di costruire e diffondere una cultura moderna “capace di futuro”, capace cioè di andare oltre la dimensione dell’usa e getta e di ispirare le proprie azioni al “senso del limite”; promuovono opportunità e contesti per favorire lo sviluppo di qualità dinamiche, per costruire la capacità di prendere decisioni in condizioni di incertezza, per far crescere la consapevoIezza che la capacità di prevedere non si può disgiungere dalla disponibilità ad affrontare l’imprevedibile, per educare al confronto e alla gestione dei conflitti, tra punti di vista diversi; rafforzano coerenze tra l’agire e il sapere, tra l’enunciazione ed il comportamento.

9. L’educazione ambientale si esprime attraversol’agire educativo e l’educare agendo. Richiede: percorsi in cui capire, osservare, fare, curare, che coinvolgono valori, saperi, conoscenze, opinioni, emozioni, operatività, relazioni, sui quali si costituiscono proposte ed elementi di un futuro possibile; spirito esplorativo e processi di costruzione delle conoscenze (piuttosto che la trasmissione dei saperi); innovazione metodologica, didattica e organizzativa, coinvolgendo tutte le agenzie della formazione, lavorando per progetti, in una dimensione di ricerca vera e aperta, lungo percorsi trasversali, creando i presupposti per un diverso rapporto con le discipline e tra le discipline; modificazione dei ruoli tradizionali di insegnamento/apprendimento; cooperazione fra la scuola, le altre agenzie formative e i cittadini .

10. Ogni individuo ha un ruolo importante e insostituibile per l’educazione ambientale e per il mantenere, salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente, quale cittadino singolo e protagonista di movimenti collettivi ed associazioni; quale produttore di beni e di servizi, di rischi, inquinamenti e rifiuti; quale consumatore di beni e servizi, di risorse esauribili in forme diseguali.

E’ compito delle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche, organizzare, promuovere e favorire attività di educazione ambientale, che è anche una competenza istituzionale propria e specifica, da coordinare e integrare in una rete costituita dai soggetti pubblici e privati che svolgono attività di educazione ambientale sul territorio. L’Italia ribadisce gli impegni internazionaliper la qualificazione e il rafforzamento delle attività di educazione ambientale.

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